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COMPAGNIA ATIRMONOLOGHI CHIARA STOPPA
IL RITRATTO DELLA SALUTE
DI MATTIA FABRIS E CHIARA STOPPA / REGIA MATTIA FABRIS / CON CHIARA STOPPA / PRODUZIONE ATIR
«Chissà com’è essere malati? Malati di tumore? Un giorno me lo chiesi. E poi... E così ogni volta che mi cercavano, ripetevo, parlavo, raccontavo. Ma non è poi questo
Quando i medici mi dissero che avevo pochi mesi di vita, iniziai a pensare a cosa dire ai il mio lavoro? Faccio l'attrice. Racconto e faccio vivere ogni volta una storia. Questa volta
miei amici, alle persone a me care, per un degno saluto. Poi decisi che era meglio alzarsi è semplicemente la mia storia. Il problema di scriverla è stato superato aspettando la
dal letto, era meglio stare meglio, era meglio vivere no? E... ad ogni modo, ora, dopo persona giusta. Mattia Fabris, amico e compagno della compagnia ATIR mi lesse alcune
molto più che pochi mesi, sono qui. In piedi, con una storia da raccontare. cose scritte da lui. Belle. Divertenti. Mi accendevano la fantasia. Gli parlai e accettò
E sono qui per questo. Dopo la mia guarigione, la gente mi cercava. Amici e sconosciuti. questa sfida. Darmi una voce scritta. Capire come raccontare e cosa raccontare della
Mi chiamavano. Volevano sapere. Conoscere la mia storia. Che non è molto diversa da mia storia. Che vuole parlare a tutti. Scriverla per portarla in giro con me. Incontrare le
quella di altri. Ma unica in quanto personale. persone. Tramite il teatro, che è il tempio dell’incontro. Nessun elisir di lunga vita,
Ho incontrato molte persone. Ho parlato con loro. Ai tavolini di un bar. Per strada. Al nessuna formula magica. Solo una ragazza di 25 anni che affronta una malattia. E
parco. Parlavo. Raccontavo. Di me. Con la difficoltà di ripetere ogni volta la mia storia. quando le dicono che sta per morire decide di affrontare sé stessa.
Ma intravvedendo negli occhi degli altri la luce della speranza. Si sentivano capiti, protetti, La malattia come passaggio. Come un viaggio in una terra lontana. Un viaggio dal quale
ascoltati. a volte si torna indietro. Almeno per me è stato così e, come scrive Carver in una sua
poesia: “...e che te ne sono grata, capisci? E te lo volevo dire.”»
Chiara Stoppa