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Alla mia età mi nascondo ancora per fumare


di Rayhana | regia Serena Sinigaglia | traduzione Mariella Fenoglio | con Matilde Facheris, Mariangela Granelli/Giorgia Senesi, Annagaia Marchioro, Maria Pilar Pérez Aspa/Sandra Zoccolan, Arianna Scommegna/Irene Serini, Marcela Serli, Chiara Stoppa, Anna Coppola/Carla Manzon | scene Maria Spazzi | costumi Federica Ponissi | disegno luci Roberta Faiolo | foto Serena Serrani | Coproduzione ATIR Teatro Ringhiera e Theater tri-buhne Stuttgart

PRESENTAZIONERASSEGNA STAMPATRAILER

Rayhana è lo pseudonimo di un’autrice algerina. Non è esattamente un nome d’arte, La scrittrice ha dovuto assumere uno pseudonimo se voleva poter continuare a scrivere ciò che scrive e a pensare ciò che pensa. Anche nell’avanzata e libera Francia. Sì, perché Rayhana vive e lavora in Francia, ora. Ed è in Francia che, mentre si recava a teatro, è stata aggredita da un gruppo di integralisti islamici. Il perché è insito nel suo meraviglioso testo: “Alla mia età mi nascondo per fumare”. Quando ho letto “ Alla mia età mi nascondo per fumare” ho provato una gioia che rasentava l’esaltazione. Quel testo che scorreva agilmente sotto i miei occhi aveva tutte le caratteristiche che da sempre cerco spasmodicamente in un testo teatrale. Coralità. Una dimensione tragica, raccontata però con grande ironia e autoironia.
Grandi temi d’attualità, toccati con la sapienza di chi li conosce bene, per averli vissuti sulla propria pelle, e con la leggerezza (di calviniana memoria) che, sola, restituisce forza e incisività alla scena.
Una storia vera, semplice, diretta, piena di vita e contraddizioni, e per questo, forse, anche più pericolosa.
L’azione si svolge ad Algeri, ai giorni nostri.
Siamo in un hammam, nel giorno riservato alle donne. Quel giorno, però, sarà diverso da tutti gli altri.
Nove personaggi, nove donne algerine, si trovano, malgrado loro, a barricarsi dentro l’hammam, per sfuggire all’ira di parenti e uomini barbuti che reclamano il diritto di punire una di loro, ritrovata incinta senza il consenso dei genitori.
Tra i vapori e le acque delle vasche si crea un’intimità speciale tra queste donne, le quali, a turno, ci rivelano le loro storie, le loro speranze, i loro dolori, le loro rabbie. E’ uno spazio protetto l’hammam, un luogo sospeso, lontano dai clamori e dai rumori della città, un posto caldo e accogliente, dove ci si può “spogliare” e confidare anche i segreti più delicati.
Ogni personaggio ha il suo punto di vista, ogni personaggio è diverso dall’altro per età, condizione sociale, destino più o meno sfortunato, speranza, disillusione e convinzioni religiose. Una cosa, però, li accomuna tutti: il ruolo della donna all’interno di una società come quella islamica.
Ci immergiamo, così, nel mondo delle donne islamiche, nella loro difficile convivenza con la cultura patriarcale, estremista, bigotta, violenta e repressiva dei propri uomini. E’ un viaggio che ci commuove e ci smuove e ci fa riflettere. E’ una denuncia, certo, perché nessuno al mondo dovrebbe essere costretto a sposarsi a dieci anni, a rinunciare agli studi, a diventare terrorista per riscattare una vita fatta di abusi e ingiustizie.
Serena Sinigaglia

DURATA: 105 minuti

“C’è da augurarsi che venga mostrato a delle platee più ampie Alla mia età mi nascondo ancora per fumare, il testo dell’algerina Rayhana allestito per il festival Intercity e presentato al Ringhiera per una decina di sere. È una proposta interessante per una serie di ragioni: in primo luogo, è opera di un’autrice di un paese arabo, benché ormai residente in Francia, ed è quindi espressione di una cultura tutta da scoprire.
In secondo luogo, tratta un tema cruciale come quello dell’integralismo islamico, anzi del rapporto tra islamismo e condizione della donna, dal punto di vista di qualcuno che l’ha vissuto in prima persona… [..]
C’è l’efficace regia – affettuosamente partecipe, né troppo asciutta, né troppo dichiaratamente schierata – della Sinigaglia, che proprio quando si misura con questi materiali insoliti dà a mio avviso il meglio di sé.
E poi c’è un coro di otto attrici una più brava dell’altra, dalla trascinante Anna Coppola, che tratteggia il personaggio più maturo e ricco di sfumature, ad Arianna Scommegna, una tenera, fresca Samia, all’esuberante Fatima di Marcela Serli, e poi via via a Maria Pilar Perez Aspa, Mariangela Granelli – quasi la maschera caricaturale dell’algerina immigrata oltremare – Matilde Facheris, Annagaia Marchioro e Chiara Stoppa, l’unica ad assumersi, per fortuna, il ruolo di”cattiva”.
Renato Palazzi

 

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