Nozze di Sangue
di Federico Garcia Lorca | traduzione di Marcello Fois | drammaturgia Marcello Fois e Serena Sinigaglia | regia Serena Sinigaglia | assistente alla regia Rosalba Ziccheddu | con Lia Careddu, Maria Grazia Bodio, Marco Brinzi, Mattia Fabris, Sax Nicosia, Isabella Orchis, Cesare Saliu, Sandra Zoccolan | scena Maria Spazzi | costumi Federica Ponissi | luci Alessandro Verazzi | coproduzione Teatro Stabile della Sardegna e ATIR
PRESENTAZIONERASSEGNA STAMPA
“Un giorno Pilar, socia di A.T.I.R e attrice (spagnola di origine) mi regala un libro: Nozze di sangue di Federico Garcìa Lorca.
Io lo leggo e lo trovo davvero magnifico. Decido allora di farne una lettura scenica – un po’ più di una lettura, un po’ meno di una mise-en-espace – che riscuote un notevole plauso del pubblico. Nozze di sangue. Magnifico, sì. Epico. Come piace a me, che amo i classici e amo l’epos.
Insomma il testo mi piace moltissimo, la lettura è andata benissimo, ho anche gli attori giusti, cosa manca per fare il passo di metterlo in scena fino in fondo, insomma di produrlo e via?
Manca l’elemento che fa la differenza e che solo può rendere l’ennesima messa in scena di Nozze di sangue la mia messa in scena diNozze di sangue, manca quel dettaglio fondamentale da cui io possa partire per trovare le urgenze giuste, il senso di un’operazione culturale che come tale, almeno per me, deve essere più ampia della semplice messa in scena.
Nozze di sangue è intenso, è scritto benissimo, riesce ad emozionarti, ti cattura con il suo “realismo magico” così fortemente teatrale, è una tragedia classica a tutti gli effetti, anche se è stato scritto nel secolo scorso. Ma, a mio avviso, gli manca il dettaglio fondamentale, o meglio, manca a noi italiani che lo traduciamo dallo spagnolo: la lingua. Ogni momento che sentivo i miei attori pronunciare quelle parole provavo imbarazzo. La lingua, uno scoglio col quale ti scontri, prima o poi, nel teatro di prosa. Se ami la parola, ed il suo forte valore fonetico e non solo semantico, se credi che dentro le parole ci siano azioni e pensieri e passioni, allora non puoi esimerti dall’affrontare il problema “quale lingua”.
Passa poco più di un anno. Vado a fare un laboratorio per attori in Sardegna, invitata da un piccolo gruppo di Cagliari. E ecco l’”illuminazione”: un’attrice attacca a recitare in sardo. In quel momento io non vedo più l’attrice, né tanto meno il testo che lei sta recitando, vedo Nozze di sangue. Sì, la rivelazione è la lingua sarda. La lingua sarda è forse il solo corrispettivo alla lingua di Lorca. Riscrivere in lingua sarda Nozze di sangue, questa è forse la via. Ma è solo un intuizione, occorre verificarla e approfondirla, percorro la Sardegna, l’Ogliastra sembra proprio il set di Nozze di sangue, leggo Marcello Fois.
L’incontro con Marcello è l’ultimo tassello artistico che mi mancava: amo la scrittura di Fois, uno scrittore che, alla maniera di Camilleri, scrive in lingua ma sa farsi capire da tutti, e che, a differenza di Camilleri, plasma la sua lingua ai toni dell’epos, e del realismo magico, insomma una scrittura perfetta per Lorca e per l’operazione di traduzione che avevo in mente. Non a caso Marcello è sardo e viene proprio dall’Ogliastra.
Quindi l’incontro col Teatro Stabile di Sardegna. E anche lì una sorpresa: a gestire il Teatro di Sardegna c’è una cooperativa, un gruppo! Un gruppo non diverso dall’Atir, fatta eccezione per l’età e le naturali differenza economiche, ma pur sempre un gruppo! Insomma, pur con tutte le dovute differenze, potrebbero essere noi Atir in un tempo a venire.
Il progetto Nozze di sangue assumeva, dunque, sempre un più ampio respiro. Avevo però ancora bisogno di incontrare gli attori,che per altro sono i soci del teatro, gli attori, i costruttori della fortuna di un teatro, il valore aggiunto, la vera differenza per la riuscita di qualsiasi spettacolo di prosa ma oserei dire dal vivo. Così abbiamo organizzato un laboratorio finalizzato all’incontro tra me e loro, per verificare sul campo l’attendibilità delle mie ipotesi e soprattutto se ci piacevamo a vicenda e se ci appassionavamo tutti alla materia.
L’incontro ha funzionato e ha ribadito la forza del progetto, dandomi la possibilità di definirlo ulteriormente.
I ruoli “anziani” spetteranno a loro, i ruoli “giovani” agli attori Atir, facendogli imparare, esattamente come si impara una qualsiasi lingua o meglio un copione in lingua (che è naturalmente cosa meno ambiziosa di una lingua), il testo ritradotto e rivisto da Marcello.
Ecco dunque la storia di questa coproduzione e della collaborazione artistica in atto tra il Teatro Stabile di Sardegna e Atir.”
Serena Sinigaglia
Io lo leggo e lo trovo davvero magnifico. Decido allora di farne una lettura scenica – un po’ più di una lettura, un po’ meno di una mise-en-espace – che riscuote un notevole plauso del pubblico. Nozze di sangue. Magnifico, sì. Epico. Come piace a me, che amo i classici e amo l’epos.
Insomma il testo mi piace moltissimo, la lettura è andata benissimo, ho anche gli attori giusti, cosa manca per fare il passo di metterlo in scena fino in fondo, insomma di produrlo e via?
Manca l’elemento che fa la differenza e che solo può rendere l’ennesima messa in scena di Nozze di sangue la mia messa in scena diNozze di sangue, manca quel dettaglio fondamentale da cui io possa partire per trovare le urgenze giuste, il senso di un’operazione culturale che come tale, almeno per me, deve essere più ampia della semplice messa in scena.
Nozze di sangue è intenso, è scritto benissimo, riesce ad emozionarti, ti cattura con il suo “realismo magico” così fortemente teatrale, è una tragedia classica a tutti gli effetti, anche se è stato scritto nel secolo scorso. Ma, a mio avviso, gli manca il dettaglio fondamentale, o meglio, manca a noi italiani che lo traduciamo dallo spagnolo: la lingua. Ogni momento che sentivo i miei attori pronunciare quelle parole provavo imbarazzo. La lingua, uno scoglio col quale ti scontri, prima o poi, nel teatro di prosa. Se ami la parola, ed il suo forte valore fonetico e non solo semantico, se credi che dentro le parole ci siano azioni e pensieri e passioni, allora non puoi esimerti dall’affrontare il problema “quale lingua”.
Passa poco più di un anno. Vado a fare un laboratorio per attori in Sardegna, invitata da un piccolo gruppo di Cagliari. E ecco l’”illuminazione”: un’attrice attacca a recitare in sardo. In quel momento io non vedo più l’attrice, né tanto meno il testo che lei sta recitando, vedo Nozze di sangue. Sì, la rivelazione è la lingua sarda. La lingua sarda è forse il solo corrispettivo alla lingua di Lorca. Riscrivere in lingua sarda Nozze di sangue, questa è forse la via. Ma è solo un intuizione, occorre verificarla e approfondirla, percorro la Sardegna, l’Ogliastra sembra proprio il set di Nozze di sangue, leggo Marcello Fois.
L’incontro con Marcello è l’ultimo tassello artistico che mi mancava: amo la scrittura di Fois, uno scrittore che, alla maniera di Camilleri, scrive in lingua ma sa farsi capire da tutti, e che, a differenza di Camilleri, plasma la sua lingua ai toni dell’epos, e del realismo magico, insomma una scrittura perfetta per Lorca e per l’operazione di traduzione che avevo in mente. Non a caso Marcello è sardo e viene proprio dall’Ogliastra.
Quindi l’incontro col Teatro Stabile di Sardegna. E anche lì una sorpresa: a gestire il Teatro di Sardegna c’è una cooperativa, un gruppo! Un gruppo non diverso dall’Atir, fatta eccezione per l’età e le naturali differenza economiche, ma pur sempre un gruppo! Insomma, pur con tutte le dovute differenze, potrebbero essere noi Atir in un tempo a venire.
Il progetto Nozze di sangue assumeva, dunque, sempre un più ampio respiro. Avevo però ancora bisogno di incontrare gli attori,che per altro sono i soci del teatro, gli attori, i costruttori della fortuna di un teatro, il valore aggiunto, la vera differenza per la riuscita di qualsiasi spettacolo di prosa ma oserei dire dal vivo. Così abbiamo organizzato un laboratorio finalizzato all’incontro tra me e loro, per verificare sul campo l’attendibilità delle mie ipotesi e soprattutto se ci piacevamo a vicenda e se ci appassionavamo tutti alla materia.
L’incontro ha funzionato e ha ribadito la forza del progetto, dandomi la possibilità di definirlo ulteriormente.
I ruoli “anziani” spetteranno a loro, i ruoli “giovani” agli attori Atir, facendogli imparare, esattamente come si impara una qualsiasi lingua o meglio un copione in lingua (che è naturalmente cosa meno ambiziosa di una lingua), il testo ritradotto e rivisto da Marcello.
Ecco dunque la storia di questa coproduzione e della collaborazione artistica in atto tra il Teatro Stabile di Sardegna e Atir.”
Serena Sinigaglia
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